Orecchiette al Grano Arso

 

La farina di grano arso è uno di quei prodotti di nicchia, scarsamente conosciuti e richiesti. Come sovente avviene, quella che è considerata oggi una specialità era, in passato, una risorsa per la gente più povera, che non poteva concedersi la farina ottenuta dalla mietitura e molitura del grano, proprio in quella zona, “il tavoliere della Puglia” considerata il granaio d’Italia.

Dopo la mietitura del frumento, dopo il passaggio nei campi degli “spigolatori” che raccoglievano le spighe sfuggite al raccolto, le stoppie, ossia i residui degli steli rimasti sui campi, venivano incendiate per ripulire il terreno ed anche per fertilizzarlo con le ceneri.

Ricordo il profumo penetrante ed il fumo che si levavano dalla terra nelle sere d’estate, ma torniamo al grano arso.

Spentosi il fuoco, i proprietari terrieri consentivano, a chi lo volesse, di raccogliere i chicchi di grano che neppure gli spigolatori avevano raccolto e che, dopo la bruciatura delle stoppie si erano riarsi e davano una farina scura e dall’odore affumicato, ma, si sa, si fa sempre di necessità virtù.

Ed infine, quando tempi migliori consentirono un evolversi delle abitudini alimentari, questo cibo da poveri venne demonizzato asserendo che il consumo di grano bruciato favoriva lo sviluppo di cellule cancerogene (cosa, peraltro successa a moltissimi cibi come moda ricorrente).

Per finire, chissà come, forse per motivi nostalgici, questa farina, dal sapore e dal profumo di fascine bruciate, di fumo, di semi tostati, s’è creata degli estimatori e viene prodotta non più passando per i campi incendiati ma tostando il frumento a temperatura controllata.

Io, confesso, ne ho scoperto l’esistenza alcuni anni fa, me ne aveva parlato mio zio e per lui l’avevo cercata, attraverso amiche pugliesi di altri forum, l’ho trovata ora che mio zio non c’è più ed ho fatto le orecchiette.

La farina di grano arso, che ha il colore della sabbia, si usa nella proporzione di 1 parte su 3 parti di farina di grano duro o di semola.

Purtroppo non posso trasmettere attraverso internet il profumo che si è sprigionato solo nell’aprire il sacchetto della farina, m’ha subito riportato alla memoria l’odore del forno a legna dove, quand’ero piccina la nonna mandava a cuocere le sue preparazioni.

E lo stesso sentore mi ha accompagnato durante l’impasto e la preparazione delle orecchiette e durante la cottura delle stesse.

Per il sugo è opportuno scegliere sapori delicati e freschi per non sovrastare l’aroma della pasta.

Io ho usato della polpa di pomodori in sottile dadolata. Ho fatto soffriggere uno spicchio d’aglio in olio extravergine di oliva, l’ho tolto ed ho rosolato un trito di cipolla sedano e carota, ho versato il pomodoro, salato e fatto cuocere brevemente con qualche foglia di basilico.

Le orecchiette le ho preparate con la solita tecnica adoperando 100 g di farina di grano arso e 300 g di farina di grano duro e con l’acqua sufficiente ad ottenere un impasto sostenuto.

Sono venute scurissime e, per fortuna non avevo deciso di farle con i ceci neri, sarebbero andate bene solo per un banchetto funebre. Però, magari con i ceci normali dovrebbe venire un bell’abbinamento di colori.

Le farine:

I due tipi di farine utilizzate

Le farine mescolate:

Le due farine miscelate

L’impasto lasciato riposare una mezz’ora:

Il riposo dell'impasto

Le orecchiette in corso d’opera:

Le orecchiette sulla spianatoia

Le orecchiette pronte da mettere in pentola:

Le orecchiette pronte

Scolate e nella zuppiera:

Cotte e nella zuppiera

E infine in tavola con una bella spolverata di cacioricotta:

Le oercchiette servite

Testo e immagini di Ofelia Allegretta

 

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