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Mi verrebbe di raccontare qualcosa di molto più remoto degli anni sessata, forse una decina d’anni prima. Me ne ricordavo proprio oggi, viaggiando in autobus.
Pensavo a certi pomeriggi del sabato, in una grande cucina del Sud dove non c’erano le stufe a legna per cucinare, ma quelle in muratura, come un largo bancone, rivestito in maioliche con lo stesso sistema degli sportellini per la carbonella sul davanti e sopra i fornelli a cerchi concentrici di metallo, alcuni per le pentole ed uno o due più grandi per le caldaie di rame stagnato. Al centro una specie di camino con la cappa ed una serranda a ghigliottina. Questo, non so perchè mia nonna lo chiamava “ ‘ u fracassé ” e si usava soprattutto per friggere.
Per le cosette veloci c’era, è vero il fornello a gas con la bombola, familiarmente definito “Il Pipigas”, nome che veniva dato, con la crudeltà inconsapevole dei bambini, anche ad una nostra amichetta decisamente grassa.
Al pomeriggio del sabato su uno dei fornelli si metteva a cuocere, pian piano il ragù, non alla maniera bolognese, ma fatto con gli involtini di carne e”la conserva” di pomodoro seccata al sole dell’estate, aromatizzata dalla salsedine portata dal vento.
E oggi, mentre viaggiavo in autobus, mi pareva di sentire un suono ritmico…”tac, tac, tac…dididin…tac, tac, tac…dididìn…” era il rumore dei maccheroni di ziti spezzati a mano dalle ragazzine di famiglia, per la pastasciutta della domenica.
Non so perché non si usassero mai le penne, se era quella la lunghezza che si desiderava, talora si usavano i rigatoni, che si chiamavano “schiaffoni”, ma la tradizione era spezzare i maccheroni, tre pezzi trattenuti in mano( i tac) e poi lasciati cadere nello scolapasta di metallo ( dididìn) e intanto chiacchiere, confidenze, sfoghi, risate tra una mescolatina e l’altra al ragù.
Poi una valutazione a manciate del contenuto dello scolapasta per decidere se “bastava” e “no, aggiungiamone ancora un po’, magari viene la zia da ** o la signora della casa accanto”
Ed alla fine le “spezzatrici” avevan tutte una guancia più rossa dell’altra, perché, sedute in fianco alla cucina, s’erano un po’ “arrostite” dal lato rivolto ai fornelli!
E la domenica poi, tutti davanti ad una grande tavola con i nonni e gli zii ed i cugini per gustare la pasta col ragù e gli involtini di carne, che si chiamavano “braciolette” e che tanti facevano con la carne di cavallo. A casa nostra no, il cavallo non lo si mangiava…chissà perché.
Una volta una vecchia prozia, venuta a pranzo aveva portato una padella piena di salcicce, ma, dopo il primo boccone, uno degli zii aveva guardato la mamma e, con la lingua contro il palato, aveva emesso, piano il suono con cui per i bambini si imita lo scalpitio del cavallo!
Sommessamente il suono veniva ripetuto dall’uno all’altro dei commensali intorno alla lunga tavola e, una dopo l’altra, le forchette s’appoggiavano sui piatti e l’equina pietanza restava intatta, gli sguardi si facevano pieni d’angoscia e solo l’altra prozia, irrimediabilmente sorda, non recependo il messaggio, continuava a masticare!Ciao, Gianna! Benvenuta.
Mille auguri di buon compleanno.
Che bello: una figlia appena sposata!
Io avrò tra qualche mese un figlio sposato e finalmente una figlia nuova meravigliosa, come l’ho sempre sognata.E magari siete magre come due chiodi!
Complimenti, ragazze! C’è da copiare idee per i prossimi 10 anni.
Carlino, tu sei evidentemente giovane, ma nonna Ivana mi capisce perchè sa che in tutte le case c’era una “scatola dei bottoni” il cui contenuto era molto eterogeneo al punto da comprendere gli anelletti per le tende.
Preciso, per essere ancor più chiara: nelle scatole dei bottoni non c’erano gli anelletti di pasta di grano duro per fare il timballo ma anelli d’osso, della stessa foggia e dimensione dei predetti che si usavano per appendere le tende e non per il timballo.
Per “senza foro” intendevo non cavi all’interno, mi sono espressa male.
Spero con questo di essere stata esaustiva, cosicchè non ti resta che intorcinarti vieppiù le meningi alla ricerca di ulteriori appigli per continuare a disquisire di questo povero timballo che, a questo punto si è ormai freddato e non è più buono a nulla. 😆 😆 😆Ecco la nostra Paola!
Buongiorno e benarrivata!
Leggi, leggi…che magari scopri che in qualche modo eri già arrivata!Interessante questo pan di Spagna sciuè sciuè, lo devo provare alla prossima cassata.
Ma sai che pure io aggiungo lo Strega? Del resto meglio stendere un velo pietoso sulla ricotta che trovo a queste parti 😥Alexanna, cosa mi fai venire in mente!
Io che, come ho già detto, in frittura vado malissimo non mangio una cosa simile da quando ancora parecchi anni fa le faceva mia mamma.
Da noi si chiamano “pettole” e si usa farle o con all’interno un pezzo di cimette di cavolfiore o di alici salate o un’oliva snocciolata oppure dolci spolverate di zucchero o immerse nel miele o nel vincotto.
Che buone! A casa mia erano tipiche dell’8 dicembre.
Quanto all’attrezzo del frittaiolo credo di capire che sia quello che io chiamo il “colafritti” cioè un pentolino con sopra appoggiata una specie di ciotola piuttosto larga con i buchi sul fondo.
In pratica nella ciotola si mette la frittura appena estratta dalla padella in modo che l’olio sovrabbondante coli giù nel pentolino, da cui viene riciclato nella padella mentre il fritto non rimane troppo unto.
Tra le tante caccavelle, io che non friggo quasi mai ce l’ho! Fregato nella cantina di mamma!
Grazie infinite.
Quasi quasi mi vien voglia di provare a farle, anche se non ho impastatrice.
Magari nell’impastare smaltisco tante di quelle calorie che vado a pari con quelle che poi mangio! 😆 😆 😆mi devp essere persa qualcosa 😳 😳 .
In materia di frittelle sono un somaro…se poi mi dite che hanno anche un’anima 😡 😡@alexanna wrote:
veramente bella !
la scena sopra sembra comprata, non fatta con la pasta di mandorle… complimenti ! davvero brava!ps l’unica cosa che mi perplime, ma è una cosa strettamente soggettiva, chi ha mangiato la sacra famiglia?
io non ci sarei riuscita MAI! …. sarebbero finiti nello scatolo per l’anno seguente, tipo pastorelli di gesso 🙄 😆 😆 😆 😆In realtà, Anna Maria, ci son state delle esitazioni nel papparsi i personaggi…non le pecore ( che un po’ sembravano gnocchi 🙂 ) nè la mangiatoia, poi la coppia di pastori è scomparsa…sì per il resto è stata un po’ dura, da sentirsi un po’ cannibali 😮 ma poi, come dice Dante a proposito del conte Ugolino… “più che il dolor potè il digiuno”, in questo caso più la golosità.
Questa mattina, peraltro mi è venuto in mente che forse potrei rifare il tutto, dato che passeremo il Natale a Roma e potrei sì preparare lì la torta ma il presepe potrei portarlo già fatto senza problemi di trasporti.Ivana gli anelletti sono compatti, senza foro, tipo quelli che una volta stavano sempre nelle “scatole dei bottoni” bianco avorio, tipo osso, mi pare che li chiamassero anelli per tende, anche se non li ho mai visti alle tende.
Io come “monoporzione” ho provato a foderare degli stampi a cupoletta, velati di salsa di pomodoro, con le fette di melanzana, a riempirli con tutto l’occorrente ed a chiuderli con una ulteriore fetta, dopo averli passati in forno li ho lasciati intiepidire un po’ e li ho sformati nei piatti con uno svolazzo di sugo di pomodoro.
Parboiled? sarebbe il meno! io vi confesso che tra tutti gli altri risi mica sto sempre a guardare il pelo nell’uovo…arborio per questo, vialone per quello, originario per l’altro…insomma talvolta uso quello che ho sottomano, quello di cui mio marito ha fatto scorta vuoi volutamente vuoi per errore.
E’ vero, forse il risultato un po’ cambia, ma mica cucino per vincere la padella d’oro, si tratta di sfamare una famiglia in maniera decorosa.
Poi, magari se dò una ricetta specifico qual’è il riso più adatto…ma se si cambia non credo che crolli il mondo.
Per esempio nella crostata di riso di cui ora vado a mettere la ricetta di là la prima volta ho usato il riso originario, ma poi non credo di averlo più fatto.E quanto alle lasagne, se fondate un partito “besciamella sì” mi iscrivo subito, alla faccia del colesterolo!
Relax, Carlino, relax! Mica me la sono presa 😀 😀 😀 😀 😀 puoi premere tutti i tasti del pc che vuoi e come vuoi 😆 😆 😆
Io comunque non leggo quasi mai le indicazioni della busta ma assaggio…è per quello che son così grassa, a via di assaggi! 😆 😆 😆@alexanna wrote:
@gaviota argentea wrote:
Sono curiosissima di sentire altri pareri, ma non ci accapigliamo 😆 😆
ma no gaviota e perchè?
noi mica siamo delle narcise che non ammettono un contraddittorio rispettoso ?
mi sembra che sia tu che io ,che la ivana che gli altri utenti di questo forum
diciamo chiaramentae quello che pensiamo, senza per questo avere intenzione di offendere nessuno
.. e nessuno si è offeso finora perchè siamo leali e coerenti … o perchè nessuno di noi ha la coda di paglia che si accende come un fiammifero … 😆 😆 😆e poi …. tu hai detto la stessa cosa che ho detto io 😆 😆 😆
Ma no, Alexanna, son perfettamente d’accordo.
Solo che, reduce da amare esperienze in giro per i forum, la citazione di forum dove si fa un affare di stato su besciamella si o no un po’ mi angosciava. Scherzavo in ogni caso…devo usare di più le faccine! 😆 😆 😆ehi, ma che belle foto, molto chiare ed esplicite e fanno venire persino voglia di mangiare a me che stasera volevo stare a frutta e tisana.
Mi sa tanto che mi toccherà mettermi in cerca dell’aggeggio.
Grazie Susanna.Premessa indispensabile è :questo è un angolino di pace, quindi, qualsiasi opinione abbiamo sull’argomento non scateniamo una disputa 🙂 .
Io sono un po’ perplessa dalla faccenda della lasagna, perchè le mie esperienze in materia le ho fatte in Emilia e a Modena le lasagne avevano la loro brava besciamella oltre al ragù ed a tutto il resto Ma qui, comunque non ci resta che rimetterci all’insindacabile giudizio di Nonna Ivana.
Per me la lasagna è un pasticcio fatto da sfoglie di pasta alternate da condimenti diversi, che si cuoce in forno e che si serve prelevando le fette dal recipiente di cottura, di solito rettangolare e piuttosto basso.
Il timballo, invece, che può essere sia di pasta in formati diversi, sia di riso ( tipo sartù) si cuoce in forno in uno stampo alto, a forma di tamburo, da cui prende il nome, nome che anticamente designava appunto uno strumento musicale. Il timballo può essere anche contenuto in un “guscio” di pasta tipo brisée e, in ogni caso, viene portato in tavola sformato su un piatto da portata.
Sono curiosissima di sentire altri pareri, ma non ci accapigliamo 😆 😆 -
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