In principio fu la vite…..

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Questo argomento contiene 5 risposte, ha 0 partecipanti, ed è stato aggiornato da  imported_susanna 17 anni, 12 mesi fa.

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  • #149271

    L’Universo della Cucina non può prescindere (tanto per giocare con il nome del nostro Forum) dall’Universo del Vino…
    Vorrei tanto essere certa che non vi sto annoiando… ma avendo fino ad oggi un po’ snobbato questo settore del Forum a favore di altri, vorrei condividere con voi sottoforma di piccole “pillole” nozioni che rispolvero dai vecchi appunti del mio corso per sommelier…

    Ho capito vi siete già annoiati… Pazienza… vado avanti lo stesso, anche se solo uno di voi leggerà la metà di quanto sto per scrivere… sarà per me una soddisfazione.

    Spaventatevi 😯 😯 pure ma per parlare di vino è necessario partire da “Adamo ed Eva”… 😯 😯

    La vite è una pianta rampicante appartenente alla famiglia delle Ampelidacee (dal greco Ampelos = vite) o vitacee il cui nome originario era “vitis silvestris”. Nel corso dei secoli, per evoluzione naturale o per altri fattori la pianta è andata soggetta a mutazioni genetiche per potersi adattare alle varie situazioni ambientali. Dopo l’acquisizione di questi nuovi caratteri ereditari (Legge di Darwin), fu chiamata “Vitis Vinifera Sativa”.

    Essendo una pianta rampicante necessita di un sostegno sul quale avvilupparsi. Greci e Romani la facevano “strisciare” al suolo (con risultati assai poco soddisfacenti perchè a contatto con il terreno l’uva si deteriorava), oppure la piantavano alla base di un albero affinchè vi si potesse arrampicare.

    La coltivazione della vite è diffusa tra i 30 e 50° di latitudine… con delle eccezioni dovute a particolari condizioni climatiche. Un esempio illustre è la regione della Champagne in cui la vite prolifera notoriamente in maniera eccelsa grazie all’influsso esercitato sul clima dalla Corrente del Golfo.

    La cultura enologica ha radici antiche; da millenni il vino accompagna i pasti dell’uomo ed ha sempre rivestito un aspetto fondamentale nella cultura dell’umanità basti pensare che nella Bibbia la vite ed il vino sono citati ben 650 volte e che nella religione cristiana il vino è elevato addirittura a Sangue di Cristo.

    Dalle tavolette cuneiformi dei Sumeri si è appreso che proprio loro sono stati i primi vignaiuoli della storia. Questo popolo identificava a tal punto la Vite con la Vita che la pianta era considerata “l’albero dell’esistenza”.

    Gli Egiziani dettero invece una svolta, in termini di modernità, introducendo l’allevamento della vite ad arco, pergola e spalliera (pratiche utilizzate ancora oggi).

    I Fenici, invece, grandi navigatori (Admin è Fenicio 🙂 ?) e commercianti, contribuirono invece dapprima alla diffusione della pianta, successivamente al commercio del vino.

    I Greci furono i primi ad introdurre la viticoltura nell’Italia meridionale e da lì il concetto di “Enologia” si è poi propagato in tutto il resto dell’attuale Europa.

    I Romani (grandi produttori di vini citati anche nei testi antichi) furono i primi ad inventare “l’Innesto”. Tuttavia la loro “bevanda” poco aveva a che vedere con l’attuale. Il vino dei Romani era liquoroso, sciropposo ed assai dolce per permetterne la conservazione. Veniva bollito a lungo e successivamente lo si allungava con acqua (a volte anche marina), lo si aromatizzava con spezie, petali di rose, e con il “garum” (sorta di salsa ottenuta dalla fermentazione di pesci non eviscerati, sale, aceto, aromi).
    Per oggi mi fermerei qui… 1° per non annoiarvi, 2° per non spaventarvi… però vorrei sapere se l’argomento interessa… Così so se seguitare o lasciar cadere qui….

    Anzi aggiungo… se qualcuno volesse integrare quanto ho detto o sapesse dirlo meglio…. gliene sarei grata a vita!

    Baci!!!

    #159623

    nonna Ivana
    Membro

    No non mi sono annoiata!!
    Tutt’altro: penso che le “pillole” facciano bene, soprattutto come prologo, viatico.
    Visto che sei sommelier hai parecchio da insegnarci…dal punto di vista tecnico, io ne so proprio punto o niente…ho solo esperienza della vite nella mia campagna di un tempo; la nostra zona fa parte del comprensorio dei tre Lambruschi principali, e l’uva viene conferita alle cantine locali, per la produzione del Lambrusco D.O.C.
    Per lo più lo si ritiene un vino di second’ordine, ma leggendo dei suoi trascorsi, dei riconoscimenti ottenuti anche all’estero, più la sua storia nei millenni, ci si deve ricredere.

    Vi sono dei siti Internet molto interessanti e qualificati, fatti seriamente, fra questi consiglio questo, ma ce ne sono tanti altri :

    http://www.vinolambrusco.it/italiano/frameset.html

    Ciao

    Ivana

    #159624

    Per lo più lo si ritiene un vino di second’ordine, ma leggendo dei suoi trascorsi, dei riconoscimenti ottenuti anche all’estero, più la sua storia nei millenni, ci si deve ricredere.

    …. Non lo dire a me perchè io sono del Lambrusco di Sorbara FanClub

    😀 😀

    #159625

    Riprendo la chiacchierata sul vino…

    Grazie al Cristianesimo molte varietà di viti sono sopravvissute alle devastazioni perpetrate dalle invasioni barbariche, ogni ordine monastico aveva le proprie vigne per poter produrre il vino necessario alla celebrazione delle Messe.
    Ma è’ durante il Rinascimento che si registra una ripresa dell’interesse nei confronti del vino. Intorno al 1550 Sante Lancerio (un sommelier ante litteram), girando per l’Italia per conto di Papa Paolo III Farnese con l’intento di segnalare i vini più meritevoli, si trovò a scrivere un vero e proprio preziosissimo trattato sul panorama enologico di quel periodo.
    Solo all’inizio dell’Ottocento si passò alla viticoltura intesa in senso moderno. Ma per la vite fu un secolo terribile in quanto intorno al 1860 dal Continente americano si propagò fino all’Europa la fillossera (temibilissimo afide), che in pochissimo tempo distrusse quasi tutti i vigneti del “vecchio continente”.
    Fu una vera e propria tragedia, tanto che i coltivatori francesi promisero un premio di 500.000 Franchi d’oro per chi avesse scoperto un rimedio a questo flagello. Il premio non su mai riscosso.
    Quando la fillossera aveva ormai annientato quasi tutte le viti europee qualcuno si domandò come mai le barbatelle (piccole piante di vite) americane, al contrario delle piante europee, seguitavano a cresce rigogliose. Ci si rese conto del fatto che le barbatelle di vite americana erano immuni dal contagio della fillossera… il “trucco” c’era… la differenza fondamentale fra i due tipi di vite è l’apparato radicale. Nella razza europea esso è formato da una o due grandi radici con pochissimi capillari, per cui la pianta attaccata dalla fillossera inevitabilmente muore, mentre la razza americana è dotata di una serie molto estesa di capillari, e dopo l’aggressione dell’afide restano radici in quantità sufficiente per sopportare la malattia e seguitare a trarre nutrimento dalla terra.
    Per evitare il ripetersi di un’apocalisse di tale portata, da quel momento in poi fu usato l’apparato radicale americano sul quale fu innestato il tralcio europeo. L’esperimento riuscì, ma ormai la fillossera aveva distrutto la vite in mezza Europa e fu necessario reimpiantare quasi tutti i vigneti.
    Dovendo ripartire da zero, quando si trattò di scegliere quale tipo di vite impiantare sul “piede americano”, la scelta ricadde sulle specie francesi della famiglia dei cabernet, dei pinot, degli chardonnay, dei savignon etc.etc. perchè hanno una crescita rapida ed una resa elevatissima.

    Visto… mica mi sono dilungata più di tanto no?? Sempre nella speranza di aver interessato qualcuno di voi… mando tanti baci!

    uva[2].jpg

    #159626

    nonna Ivana
    Membro

    Ottima partenza!

    Facciamo un bel “libro” nel quale troviamo queste belle pagine introduttive, poi ciascuno contribuisce con le notizie del proprio territorio!

    Mi piace, metodo che ci dà molto!!!

    Grazie

    Ivana

    #159627
    paula
    paula
    Partecipante

    Molto molto interessante purtroppo i vini sono qualcosa di sconosciuto per me
    grazie Susanna 😆

    #159628

    Rieccomi qui con il tormentone vitivinicolo 😆 😆

    Intorno agli anni ’50 l’Italia post-bellica, si trova a dover affrontare i primi grandi problemi in campo legislativo in materia di viticoltura ed enologia. Altre nazioni come la Francia, avevano invece già nel passato tutelato i propri prodotti. Basti ricordare che nel trattato di pace tra Italia e Francia dopo la 2^ Guerra Mondiale, fu inserita una clausola in base alla quale gli spumanti prodotti in Italia non si potevano chiamare “champagne” e così i brandy non si potevano chiamare “cognac” (come avveniva normalmente nel ventennio … fin quando Gabriele D’Annunzio battezzò il brandy con il nome di “Arzente”).
    Tra gli anni ‘60-’70 il concetto di qualità nella produzione del vino inizia a prevalere su quello di “quantità” fino ad arrivare agli anni ’80 dove si assiste alla esasperata ricerca di una produzione eccellente (anche al di fuori delle D.o.c. – Denominazione di origine controllata).

    La legislazione italiana prevede la Denominazione di origine controllata (D.o.c.) e la Denominazione di origine controllata e garantita (D.o.c.g.); con la prima viene garantita solo l’origine, la provenienza del vino; con la seconda ne viene attestata anche la qualità.
    Queste definizioni vengono attribuite dalle Commissioni Regionali d’Assaggio che controllano il vino procedendo ad assaggi casuali “a partita”.

    Ma quand’è che un vino è buono? Quali sono le circostanze, le regole oggettive per le quali un vino può essere giudicato qualitativamente migliore di un altro?
    Esistono dei fattori essenziali che influenzano la qualità del vino:
    – il clima;
    – il terreno (una curiosità che fa da esempio, nella zona del Barolo vi sono due valli divise da una collina; lì si producono due tipi di Barolo diversissimi tra loro: uno morbito, fruttato, profumato… l’altro duro, spigoloso, tannico. Il terreno della prima valle è di origine elveziana (Età Elveziana, mentre quella della seconda è di epoca tortoniana);
    – il vitigno;
    – l’opera dell’uomo.

    Dai su… che non è poi così orribile no 😆 ? Cerco di esprimere con semplicità ciò che ricordo e quanto ho “appuntato” durante i seminari A.I.S…

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