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25 Febbraio 2007 alle 22:44 #149720
Qund’ero bambina, il primo segnale dell’arrivo della Pasqua era “La pecorella” , un agnellino accovacciato, fatto di marzapane con un’aureola di carta stagnola dorata ed una insegna rossa, con croce dorata, a forma di labaro o di gagliardetto, retta da un’asticella, il tutto sul classico vassoietto di cartone, la “guantierina delle pastarelle” insomma.
La Pecorella veniva regalata ai bambini la domenica delle Palme, secondo un’usanza antica, diffusa in tutto il Regno delle Due Sicilie, innestata su credenze precedenti al cristianesimo che consideravano l’agnello un simbolo di rinascita, di ripresa dei cicli naturali. Era quindi un augurio di rinnovamento.
Ricordo che mia sorella ed io andavamo per mano fino alla pasticceria in fondo alla via a comperarci i nostri agnellini e poi li portavamo a casa ed uscivamo di nuovo per andare ad offrire “La Palma” alla Maestra, alla Catechista, alla vecchia tata, all’amica di famiglia. La palma non era solo, come qui al nord, il ramo d’olivo benedetto, erano proprio foglie di palma, quelle ancora giovani, pallide e tenere, che venivano lavorate in intrecci complicati, a farne dei trofei, come rami,con inserito anche qualche fiore dalle tinte vivaci. Le più semplici erano ripiegate a formare una semplice crocetta e quelle si scambiavano tra amichette, per passar sopra, con la spontanea generosità dei bimbi a piccoli screzi, sgarbi ripicche.
La Pecorella ci accompagnava per tutta la Settimana Santa, ne mangiavamo una fettina al giorno, cominciando …dalla coda. Restava per ultima la testa, che si mangiava anche con un po’ di disagio, con quegli occhi un po’ melensi e la bocca che, chissà perchè, era sempre scarlatta e dava a quel capo mozzo l’espressione un po’ equivoca di certe vecchie, rugose signore tutte imbellettate.
Qualche anno fa un’amica siciliana ci aveva portato uno stampo di gesso per fare l’agnellino, ma nè io nè la mia bravissima sorella ci siamo riuscite troppo bene ed alla fine, tra un tentativo e l’altro, ci siamo mangiata quasi tutta la pasta di mandorle, con la collaborazione dei mariti che, rubacchiandoci il materiale, criticavano a…bocca piena!26 Febbraio 2007 alle 7:04 #165038Che bel racconto Gavi,io non ho nessun ricordo particolare di questo giorno da noi non si usa, tranne andare a prendere la palma ma quella degli ulivi benedetta
grazie26 Febbraio 2007 alle 8:20 #165039bello come al solito
e il commento finale sui mariti che criticano a bocca piena 😆 😆 😆 😆 😆26 Febbraio 2007 alle 8:26 #165040Anche a Camogli (Ge) si intrecciano le foglie delle palme in vario modo. Si portano poi a benedire e si conserevano in casa sino all’anno successivo. Non si buttano ma si bruciano quando si porta a casa una palma nuova.
Da qualche anno si trovano anche qui dai fioristi ma costano una cifra…spropositata.26 Febbraio 2007 alle 9:42 #165041@dida wrote:
Anche a Camogli (Ge) si intrecciano le foglie delle palme in vario modo. Si portano poi a benedire e si conserevano in casa sino all’anno successivo. Non si buttano ma si bruciano quando si porta a casa una palma nuova.
Da qualche anno si trovano anche qui dai fioristi ma costano una cifra…spropositata.Anche a La Spezia…. vengono intrecciate le palme… ma non sapevo che le vecchie si dovessero bruciare… io le ho sempre conservate da un anno all’altro perchè sono bellissime…. ma se è così che si deve fare da quest’anno provvedo anche io!
Grazie Dida e grazie Gavi i tuoi scritti sono sempre bellissimi!!!!
26 Febbraio 2007 alle 10:25 #165042Ah, sì, si devono bruciare…io ogni anno ho un problema…faccio un piccolo rogo sul balcone e poi, non sapendo come disprdere le ceneri…le spargo sulla terra del vaso di un rampicante, mi pare la cosa meno “dissacrante” 😕
26 Febbraio 2007 alle 12:59 #165043Anche a Genova palme intrecciate e agnello di pasta di mandorle: uno dei ricordi “dolci” del mio… periodo genovese 🙂
26 Febbraio 2007 alle 18:22 #165044Noi si va la Domenica delle Palme alla messa e all’ngresso della chiesa in disparte, c’è un fascio di rami d’ulivo benedetto,da cui all’uscita ognuno prende un rametto.
I vecchi rametti che sono in casa dall’anno presedente, in genere appoggiati a un quadro alla parete, in cucina o in tinello, non vengono gettati, ma arsi, perchè il fuoco purifica, non è disprezzo, ma rispetto di una cosa sacra.
Grazie, Nuvole del tuo bel quadretto dell’infanzia.
Non conoscevo questa tradizione del sud.Ivana
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