c’era una volta…….

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Questo argomento contiene 25 risposte, ha 0 partecipanti, ed è stato aggiornato da  nonna Ivana 17 anni, 3 mesi fa.

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  • #150993

    nonna Ivana
    Membro

    curiosando…e riflettendo!

    quando si era prolifici!

    una culla multiuso, unisex o bisex, vedete voi!

    qui si imparava a camminare

    entriamo nell’intimo!

    troppo osé? Tanga all’uncinetto!

    un rude intimo di famiglia

    che verrà lavato a mano, nella tinozza!

    #179563
    Mariangela
    Mariangela
    Partecipante

    Belli, quell’attrezzo per imparare a camminare da noi si chiama “andarola”, mio padre si ricorda le schiacciate di dita 😥 .

    #179564

    Lilla
    Membro

    Che belle Foto!
    Effettivamente una volta le famiglie erano più numerose.
    Vedendo la foto con la tinozza del bucato ringrazio la tecnologia per la lavatrice; i piatti li posso lavare anche a mano ma le lenzuola no.

    grazie Ivana

    #179565

    Un’immersione profonda in un mondo del passato….. Grazie Ivana!

    #179566

    nonna Ivana
    Membro

    Da questo angolo intimo della famiglia, avevo ricavato una serie di riflessioni e sentimenti…che volevo sottolineare…

    Come la vita fosse intensamente concentrata sulle persone della famiglia, in una convivenza strettissima, una camera da letto “affollata”..
    bambini nel lettone , forse, un altro nel lettino, un piccolino nella culla…
    In poco spazio un crogiuolo immenso di speranza di vita…che allora aveva un futuro ben più precario del nostro…

    Va be’ scusate…menatina mia solita!!!!!

    #179567

    Ehhh sìììì certamente la vita con quei mutandoni non doveva essere facile!!!! No davvero!!! 😆 😆 😆

    L’ho detto pre sdrammatizzare….. ok ok SPARISCO….

    #179568

    Nana
    Membro

    ivana mi piace il tuo pensiero. A pensarci bene, l’ultima cosa che hai detto, il futuro di allora è il presente di oggi ed il futuro è lo stesso precario. Oggi, come allora conviene investire x i giovani nel patrimonio culturale. Il pezzo di carta, se preso in tempo, serve x un futuro lavorativo e sono convinta, serve ancor dippiù, per affrontare meglio la vita. 💡

    #179569

    nonna Ivana
    Membro

    Be’ Nanà,

    precario non nel senso stretto di oggi, riferito al lavoro, ma nel senso delle difficoltà nella vita, disagio, malattia,lavori pesanti, scarsità di cibo…
    Il progresso ha eliminato parecchio di questi svantaggi, capovolgendo però il nostro rapporto con la vita, la famiglia, la prole!

    #179570
    paula
    paula
    Partecipante

    Ivana che belle queste foto 😆 il rude intimo me lo ricordo 😥 le magliette fatte a ferri dalla mia mamma che dopo il bagno era una meraviglia indossarle 😥 poi senza l’aiuto del borotalco perchè la polverina andava da tutte le parti e sporcava 😉

    #179571

    Nana
    Membro

    @nonna Ivana wrote:

    [b capovolgendo però il nostro rapporto con la vita, la famiglia, la prole![/b]

    ti do perfettamente ragione ivana. I miei ricordi del tempo passato mi riportano ai mie genitori, ai loro racconti. Il padre, della mia mamma(quest’ultima oggi 90enne) se non dava l’approvazione al suo matrimonio con mio padre, il matrimonio non sarebbe avvenuto. Noi figlie, a nostra volta, se volevamo andar via di casa, dovevamo solo sposarci e far andare a parlare in casa il nostro futuro marito.
    Un’altra cosa che ricordo e che ora non si usa più, è quella dello scambio delle visite. Ci si recava a casa degli zii, al massimo si beveva un caffè e via. niente dolci, dolcini e neanche una caramella. Altrettanto quando questi si ricevevano in casa. Eravamo tutti magri magri, però che noia.
    Mia sorella mi ha raccontato recentemente che una zia nostra, all’epoca, in uno scambio di visita a casa sua, portò in tavolo salotto dei cioccolatini, lei ne prese uno. Stava per prenderne un altro, ma la zia la fermò dicendo che il primo ciocc. poteva prenderlo, ma, se ne voleva un altro,
    doveva chiedere il permesso
    Wow beati noi ora che offriamo pranzi e cene, siamo un po’ più grassottelli, ma è meglio così. Mio marito non ha mai voluto fare o ricevere solo visite. Se noi andiamo o riceviamo, per lui, bisogna solo mettersi a tavola. Anch’io la penso così, però, se qualcuno vuole solo la visita io la faccio, ma da sola.

    #179572
    gaviota argentea
    gaviota argentea
    Partecipante

    Strano come non mi ritrovi, non riconosca le mie radici in questo “c’era una volta”. Eppure, per antonomasia, almeno secondo il comune pensare del luogo dove vivo ora e delle regioni limitrofe, io da “terrona” dovrei essere il prototipo di queste tradizioni.

    Che dire?
    Quanto all’essere prolifici era probabilmente una conseguenza dell’ alto tasso di mortalità infantile, non era malgrado l’avvenire incerto, ma proprio per quello, perchè, inoltre, soprattutto in realtà contadine, la prole numerosa costituiva forza lavorativa e quindi risorsa per la sussistenza.
    Credo ci voglia molto più coraggio ora a pianificare una famiglia numerosa

    Resto poi meravigliata dall’affermazione di Nanà

    Noi figlie, a nostra volta, se volevamo andar via di casa, dovevamo solo sposarci e far andare a parlare in casa il nostro futuro marito.

    Se devo giudicare dall’età della sua mamma, Nanà dovrebbe essere più giovane di me, ma dov’era quando le ragazze degli anni ’60 hanno dato il loro decisivo contributo alla storia dell’emancipazione femminile, han preteso pari opportunità, han cercato di affermarsi nel campo del lavoro e delle scelte personali sulla loro vita privata?
    Sarà che son andata a vivere da sola per seguire la strada professionale che mi ero scelta, che nel mio lavoro, anche di volontariato e di ricerca ho visto tante storie di donne autonome e determinate, sarà che fin da piccola sono stata incoraggiata a rendermi indipendente, sarà che mio marito è venuto in casa giusto perchè, avendo deciso di sposarci mi pareva logico che conoscesse i miei almeno qualche mese prima, insomma non mi riconosco in questa realtà.
    Poi, dalle nostre parti l’attrezzo per imparare a camminare mai visto 😀 , lo scopro ora, da noi si usavano il girello o le dande. Bello però!
    Ecco l’unica cosa in cui mi ritrovo, ma solo in parte, è il culto del corredo, anche se al tanga all’uncinetto devo sostituire certe “culottes” di seta ricamate molto eleganti della sorella di nonna, restata nubile, ereditate, ancora avvolte in carta velina in quanto facenti parte del suo corredo…devo dire, di uno chic incredibile, tanto che non ho esitato a farne uso 😀 .

    Magari oggi s’è perso pure il concetto di corredo o, come dicevano le nonne, in un’epoca in cui l’uso del francese era elegante, di “trousseau”, croce e delizia di mamme, nonne, zie, madrine d’ogni “ragazza da marito” (oh, ma magari neanche quest’espressione s’usa più!). Credo che ci si cominciasse a pensare fin dalla nascita d’una bimba: lenzuola, federe, tovaglie, asciugamani, fazzoletti, biancheria personale, grembiuli, strofinacci…
    Dopo la prima infanzia la futura “ragazza da marito” imparava l’orlo a giorno, il gigliuccio, e il punto erba, ed era pronta per cominciare ad orlare le lenzuola e le federe, almeno le “lenzuola di sotto” se proprio non aveva una spiccata vocazione da Aracne, la mitica ricamatrice, mentre ai capi più importanti provvedevano le suore di famosi conventi o qualche parente dalle mani di fata.
    E, mentre gli anni passavano, sui ripiani d’un armadio o in un baule si accumulavano, nella attesa, avvolti in carta velina, preziosi lini, seriche fiandre, leggera biancheria di “pelle d’ovo”, asciugamani dalle lunghissime frange, ornati d’iniziali dalle volute floreali, dal disegno ricalcato con lo spolvero. E che dire di capi già superati ed assurdi, ma comunque legati alla tradizione, come “le camicie da notte per la clinica” austeri paludamenti di taglie superabbondanti, i grembiuli per rifare il letto, ampi, bianchi e bordati di pizzo, i triangoli di mussola da legarsi intorno alla fronte in caso d’emicrania, tutte cose in disuso da generazioni?
    E, per tutto questo, guai a non parlare in termini di dozzine…”non vorrai mica sposarti con uno spazzolino da denti e un fazzoletto”.
    Infine c’erano quei pezzi la cui scelta e realizzazione erano il coronamento dell’impegno matriarcale, quelli che non potevano mancare.
    C’era il copriletto di seta ricamato, acquistato quando il matrimonio era oramai prossimo, per evitare che, nell’attesa, la seta ripiegata si tagliasse, c’era la coperta imbottita e trapunta, essa pure ricamata, che, secondo una tradizione del Sud, veniva mostrata alle amiche della sposa alla presenza della “comare di nozze”, che lanciava confetti e dolcetti augurali sul letto nuziale.
    Forse un’usanza del genere, fa un po’ sorridere, soprattutto chi si ritiene superiore alle tradizioni ed al rispetto delle convenienze sociali in nome di un’assoluta libertà personale, ma io preferisco un po’ meno individualità ed una maggior consapevolezza di radici antiche e ancora forti.
    Ma, tornando al corredo, c’era, infine il copriletto di piquet bianco, meno pomposo, ma impeccabile nel suo rigoroso candore, tutto un gioco di disegni in chiaroscuro, con un immancabile rosone centrale e volute che andavano allargandosi.
    Le belle coperte ricamate erano per i giorni importanti: le nozze, le nascite, le visite ai convalescenti.
    Ora per nascite e malattie te ne vai in clinica e comunque nessuno mai si sognerebbe di venire a casa tua mentre te ne stai a letto. Per fortuna
    Ma il copriletto di piquet era la quotidianità, la raccolta freschezza della camera in penombra nei giorni estivi, era il segno che stavano per iniziare le vacanze scolastiche e la promessa di una leggera carezza sulla pelle bruciata dal sole dei primi bagni al mare, era il sentore dei fusi di lavanda, intrecciati con i nastri, riposti per l’inverno nelle sue pieghe, era la continuità, fatto com’era per durare quasi in eterno, tanto che al copriletto del corredo si aggiungeva quello della nonna, prima, poi della suocera, della mamma, d’una zia ed intorno al letto vestito di bianco le puoi sentire le voci di tutte queste donne, voci complici, comprensive, consolanti, incoraggianti, allegre se hai voglia di ridere, tenere se così le vuoi…

    #179573

    nonna Ivana
    Membro

    Ciao Offy, 😀

    grazie del tuo contributo! 😀

    Il mio thread non vuol assumere l’importanza di un teorema sociologico:
    sono solo piccoli incontri che faccio, andando in giro con la mia macchinetta nei dintorni:
    Sono quindi solo piccoli spunti per riflettere, non per introdurci su percorsi dialettici….non è la sede adatta.

    Il tuo punto di osservazione forse ha, in parte, somiglianze con il mio…su diversi livelli e con ben diversi risultati…perchè, da testa calda come sono e ancor più calda come ero, ho “drammaticamente” spezzato, anch’io negli “anni Sessanta”, il giogo..partendo per l’estero…con la valigia!!!!
    Va be’…molto personale!
    Ho però rifatto, con altro spirito, un percorso a ritroso, un paio di anni fa, e si chiamava, vedi caso…”Profumo di lavanda…apriamo il baule della nonna!!!!”
    E da quella ricerca sono spuntati….ingialliti, macchiati, tristemente dimenticati, i preziosi lavori “donneschi”, che per molte famiglie, adesso, sono come un “peso”.
    Naturalmente mi riferisco al ceto medio basso, quello della società di oggi, attenta ai trend, alle esterofilia, alla praticità, a volte alla stravaganza…

    va be’..mica ci dobbiamo mettere in gramaglie adesso…anche se è una stupida giornata grigia, quasi autunnale.

    Grazie di nuovo!

    😀

    #179574

    Ferny
    Membro

    Ivana…ma quello pare proprio il mio lettino dove ho dormito per tantissimi anni, fin quando non ci stavo più con le gambe 🙂 lo odiavo perchè tutto chiuso intorno e mi son fatta gran bernoccoli per scavalcarlo da sola 😀 😀 😀

    Ofelia, le tue considerazioni son giustissime ma sulle nascite io avrei un’osservazione da fare….secondo me c’era poca consapevolezza, il figli nascevano perchè dovevano nascere e famiglie di 13 14 figli a me hanno sempre fatto un pò di tristezza per tutti quei bimbi che venivan su cosi, quasi un sopravvivere…

    Noi eravamo “solo” in quattro fratelli e per quei tempi eran pochissimi ma la mamma raccontava tristi storie di bambini denutriti a cui lei mandava qualcosa per fare un pò di brodo, visto che aveva le maccellerie…
    C’erano tantissimi poveri, ma poveri poveri e io ricordo di famiglie che abitavan nei “casoni” con pavimento in terra battuta, moltissimi veneti son emigrati nel dopoguerra tra questi tanti miei zii . Erano tantissimi sia da parte materna che paterna, i nonni son morti giovanissimi e tutti questi figli se ne son andati chi in Francia, chi in Belgio….

    #179575
    Mariangela
    Mariangela
    Partecipante

    Non dimentichiamo anche l’influenza della chiesa: mio padre quando ero piccola io, stava costruendo la casa, era pieno di debiti e poi uscito da una famiglia numerosa non voleva saperne di tanti figli, quando ha detto al confessore che usava metodi per non averne si è visto nagata l’assoluzione. Mia mamma una volta chiese al suocero perchè avesse avuto tutti quei figli e lui le rispose: voi avete tante cose ( 😥 fine anni 50 !), noi avevamo solo “quello”.

    Mia suocera convinta sostenitrice della dote, ha preparato per le figlie una quantità di camicie da notte tg. 50 e oltre, in previsione dell’aumento di peso…. le mie cognate, sopratutto la prima è ancora ferma alla tg. 40/42 come a 15 anni 😆

    #179576

    nonna Ivana
    Membro

    Nel mio piccolo reportage sto “fotografando” una casa contadina anni 30-50, periodo un po’ “statico” nell’evoluzione contadina…c’erano ben altri problemi mondiali in ballo!

    Guardando le altre stanze, che magari potrei anche mettere, o la corte, la cantina, la stalla, qui si evoca una situazione non miserabile…anzi una autosufficienza economica, più che finanziaria, naturalmente, in cui la sopravvivenza dignitosa era garantita…e i figli erano un dono di Dio…per migliorare, col lavoro, la propria vita!

    La particolarità che ho incontrato…è che non si è realizzato, in questa frazioncina di un comune modenese, una struttura “come si deve” di “civiltà contadina”, gestita con scopi molti diversi!
    Qui è un angolo che ha fermato il tempo, un mondo che con caparbietà viene preservato, difeso, dalla ristrettissima comunità rurale…eppure ha un richiamo enorme…sentivo parlare altre lingue europee, respiravo un’aria quasi magica…
    e seduta in tranquillà, con un marito pure sognante…e per fortuna silenzioso, mi sono deliziata sia nell’osservazione curiosa, divertita delle persone che mi passavano accanto, sia della full-immersion nel passato…
    Poi in macchina siamo ritornati al presente. una campagna fertilissima, strutture supermoderne per la conduzione delle aziende agricole, case meravigliose immerse nel verde, strade e viadotti importantissimi che in poche decine di minuti ti portano a Modena-Ferrara-Mantova-Bologna.
    Ed eri nella nuova realtà di Slow Food Italia, con i percorsi mirati alla rivalutazione del prodotto tipico, curato, seguito, controllato fin dal suo incipit.

    http://www.provincia.modena.it/page.asp?IDCategoria=6&IDSezione=1613&ID=53888

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