Focaccia Pugliese

 

In considerazione del fatto che, per essere efficace una terapia dev’essere personalizzata, la mia personale cucinoterapia non può prescindere da ricette tradizionali e, tra queste, un valore preminente lo riveste la focaccia pugliese, diffusa in tutta la regione con pochissime varianti nella realizzazione e nel nome.

Al mio paese si chiama “cùucl”, di probabile derivazione dal greco “chiuclos” ovvero cerchio, dimostrazione di quanto lontano nel tempo questo cibo affondi le sue radici.

Non dimentichiamo, infatti che la Puglia fu parte della Magna Grecia e, in quest’ottica, vien quasi fatto di ravvisare un parallelo tra l’attuale focaccia e quelle schiacciate dolci su cui gli antichi greci deponevano le offerte votive.

Sia quel che sia, certo è che, impastando acqua, farina, olio, sale, la luce degli sconfinati campi di grano, la pace degli oliveti, il biancore accecante delle saline, tutti elementi caratterizzanti del territorio di Puglia, tornano prepotenti alla mente insieme alla consapevolezza di star perpetuando gesti ed usanze che per secoli si son tramandati uguali.

Mi par quasi di immaginare le modelle di quelle aggraziate cariatidi del tempio di Eretteo sull’Acropoli di Atene intente a manipolare l’impasto di una simile focaccia. E riprovo l’emozione di passeggiare all’interno del Partenone, esperienza oramai impossibile.

Potrà apparire audace e quasi blasfemo, ma oserei dire che lavorando la pasta morbida ed elastica vien fatto di pensare di essere forse sul punto di rispondere all’eterno interrogativo :”Chi siamo, da dove veniamo,dove andiamo?”.

D’accordo forse sono un po’ troppo “sopra le righe” per cui è meglio che mi limiti a darvi la versione di casa mia della famosa focaccia.

Vi do la versione con il lievito di birra e poi quella con la pasta madre, quella che ho fatto io oggi per smaltire delle scorte di lievito.

– 250 gr. Farina 00 ( o anche Manitoba)
– 250 gr. Semola rimacinata di grano duro gr. 250
– 1 cubetto di lievito di birra
– 1 grossa patata bollita e schiacciata
– acqua tiepida q.b.
– olio extravergine di oliva
– sale
– origano
– pomodorini
– olive nere

Impastare le farine con la patata, il lievito sciolto in acqua appena tiepida, un cucchiaio o due di olio ed il sale e lavorare a lungo con energia ottenendo una pasta piuttosto morbida, ma che non si appiccichi alle mani o al piano di lavoro.

Mettere in una ciotola, coprire con un canovaccio e far lievitare in luogo tiepido per un paio d’ore.

Versare in una teglia dell’olio evo, non da ungerla soltanto ma un po’ più abbondante, accomodarvi l’impasto con le mani unte d’olio, affondarvi dei pomodorini e delle olive nere al forno, cospargere di origano e di sale e versare un bel giro d’olio.

Passare in forno a 200° e cuocere per poco più di mezz’ora finché sia ben dorata.

Si accompagna con affettati e mozzarella o provola, ma è buonissima anche così da sola, a tutte le ore e in tutte le stagioni.

La mia versione di oggi col lievito madre è stata analoga come preparazione ma adoperando:

– 180 gr. farina Manitoba
– 180 gr. semola rimacinata di grano duro
– 150 gr. lievito madre rinfrescato
– gli altri ingredienti come sopra

Ho fatto lievitare dalle 9 circa alle 17, ho preparato l’impasto nella teglia pronto da infornare e lasciato lievitare ancora un’ora e mezza circa.

L'impasto

Gli altri ingredienti

Oleare una teglia

Stendere l'impasto e condirlo

In forno

Appena sfornata

Come si presenta

Testo e immagini di Ofelia Allegretta

 

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