Ogni volta che macino un velo di pepe sulla braciola grigliata, l’aroma pungente solletica le mie narici e risveglia tanti ricordi legati alla mia vita in campagna.
Autunno inoltrato, tempo di macellazione del maiale, quindi tutte le famiglie contadine che possedevano il maiale facevano provvista per tempo di sacchi di sale e di buone quantità di spezie, per lo più pepe e noce moscata, che usavano per la concia, la salagione e conservazione delle carni prelibate.
Prosciutti freschi interi che riposavano su tavoloni inclinati nei granai, e venivano accarezzati dalla fredda aria che penetrava pungente da finestroni aperti nella fredda stagione, in attesa della bella “pepata” su tutta la sua parte nuda.
Nelle cucine enormi, con il fuoco sempre acceso nel focolare, si condivano le carni macinate in vario modo secondo antiche usanze tramandate da padre in figlio, e il sale, il pepe e la noce moscata avevano un ruolo principe nel profumare salami, cotechini, salsicce e ciccioli tipici del territorio bolognese-modenese.
Per giorni, durante tutta questo importante processo di trasformazione della carne del maiale, tutta la casa era pervasa da un profumo piccante e speziato.
Il pepe appartiene all’uso comune in cucina, lo usiamo con parsimonia o con profusione, a seconda dei gusti personali, vi sono pregiudizi o predilezioni che lo riguardano…ma siamo ben lontani dal conoscere in esteso la sua interessante storia nei millenni…
Un piccolo percorso alla ricerca di storie e avventure per soddisfare la mia curiosità…e per rendervene partecipi.
Il mondo vegetale aveva una grande importanza per l’uomo, da esso traeva sostentamento e beneficio; man mano, pur in un senso magico, sciamanico, ne connotava le proprietà e attraverso i secoli, o anche i millenni ancora parte delle antichissime credenze sono rimaste nel patrimonio di conoscenze nei confronti delle piante così dette officinali, alle spezie, alle erbe.
Il pepe: ecco una storia che ci viene da tanto lontano, nel tempo e nello spazio.
Per lo meno da 4000 anni l’uomo utilizza il pepe, che è proprio la spezia più conosciuta al mondo, oggi, a tutte le latitudini.
Storici e scrittori antichi ce ne hanno lasciato testimonianza; vediamo aumentare nel tempo sempre più il valore, il prezzo e l’importanza di questa spezia prima nei paesi asiatici orientali della fascia tropicale, poi verso l’Africa e l’Europa.
I Greci lo conobbero, come pure i Romani, per un uso medicinale soprattutto, o per speziare cibi ma anche vino e birra. I prezzi erano altissimi, solo pochi ricchi se lo potevano permettere.
Fin dal Medio Evo il pepe ebbe un influsso enorme sull’assetto politico-economico di molti Stati Europei, ma prima di tutti furono le repubbliche marinare italiane che ne trassero vantaggi enormi, Venezia poi ne ebbe per secoli il monopolio. A Venezia c’era persino la Borsa del Pepe, dove veniva trattato come moneta. Enorme era quindi il passaggio di oro presso i Banchi Veneziani, per i pagamenti provenienti da tutta Europa.
La Repubblica della Serenissima aveva una flotta di 3.000 navi proprio solo per il trasporto, dai porti del Vicino Oriente, del pepe, con un 30.000 marinai impiegati in questi viaggi.
In molti Principati Europei il prestigio e la potenza erano anche basati sul possesso di tale spezia, il cui valore era immenso, tanto da dar origine a motti e proverbi legati ad essa.
Un vero capovolgimento avvenne con la grande avventura di Vasco de Gama, che con la sua navigazione verso l’India, circumnavigando l’Africa, permise ad altri Stati, fra i quali Portogallo e Olanda, di togliere il monopolio alla Repubblica di Venezia. Si concretizzava così quello che era il progetto, non realizzato, di C. Colombo, che, appunto per trovare l’India ricca di spezie, non “aveva fatto i conti” con le Americhe, che gli si erano frapposte nel viaggio.
Ma che cos’è il pepe?
La pianta, che ha origine nell’India Meridionale e Cambogia, da cui si ricava il pepe, è un rampicante, che ha bisogno di alberi ad alto fusto cui sostenersi; Piper Nigrum appartiene alla famiglia delle Piperaceae, può raggiungere, allo stato selvatico anche i 10 metri di altezza.
La coltivazione moderna, estesa anche al continente americano meridionale in Brasile, produce piante di un’altezza media di 5 metri, i sostegni sono pali e fili, e la fioritura è presente tutto l’anno, per cui si possono avere anche 2-4 raccolte dei grappoli, i cui semi, trattati in modi diversi, danno il pepe nero, quello bianco e il verde.
Il pepe nero si ottiene raccogliendo la bacca acerba, che viene essiccata, dopo la pulitura e il lavaggio, e che presenta una superficie rugosa marrone-nero, il cui contenuto in piperina è integrale e l’aroma rimane piccante e forte.
Le bacche mature invece, vengono spellate, trattate con lavaggi, e da esse si ha il pepe bianco.
Si utilizza anche il pepe acerbo conservato in salamoia, o come pasta.
In nessuna cucina manca questo piccolo, bruno e rugoso granello dalla lunghissima magica e interessante storia.
Testo di Ivana Setti