L’arzdoura fa il balsone
Forse si pensa che il dolce che sto per descrivere sia obsoleto, dimenticato; invece nelle famiglie, dai fornai, nelle feste di beneficienza, nelle sagre, nei cenoni in piazza, per le gite in comitiva, anche in trattoria, te lo vedi davanti nelle sue forme originarie, a S, a pagnottona piatta affusolata, a ciambella col buco.
L’impasto è la base per altri dolci locali tipici, quali zuccherini, raviole, crostate, nei quali il procedimento è lo stesso, avendo però delle piccole varianti o arricchimenti.
Un tempo l’uso praticato nelle campagne era la cottura al forno in muratura dell’aia, nelle feste comandate, allorché era finalmente il momento di preparare il dolce.
Un tipo di forno di un complesso aziendale agricolo:
Da noi vige, da secoli, un modo particolare di trattare gli impasti, in cui non si effettua una lievitatura tale da rendere il pane o il dolce soffici, alveolati, ma si ricerca la forma piatta, vedi piadina, crescente, gnocco al forno, o pane di pasta dura alla ferrarese, secco e frollo…
Balsone, bensone, brazadela, ciambella dura:
questi i vocaboli per denominarlo: il dolce è a pasta asciutta, si presta a essere “tocciato” nel lambrusco, ma anche nei vini bianchi, l’albana, il pignoletto…anche nel latte o nel caffelatte della mattina. Va bene per anziani e bambini.
Ecco una ricetta scritta da una arzdoura nel quaderno, non è antico il foglio, perchè ancora oggi, qui da noi, è un must conoscere questa ricetta:
io ho mostrato l’esecuzione più povera, non arricchita da zucchero in granella, da “bilini” cioè confettini colorati come si trova anche dal fornaio; è il balsone della madre di famiglia, che vuol dare a figli e nipotini una colazione o merenda nutriente, genuina.
Testo e Immagini: Ivana Setti