Parliamo del’olio….

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    Rispolverando appunti di un seminario al quale ho partecipato tempo fa…. vi propino quanto segue…

    L’olivo, pianta mediterranea per eccellenza, appartiene alla famiglia delle Oleacee; si presenta come albero o arbusto legnoso (la cui altezza massima può essere di 10 metri), a foglie perenni o caduche opposte. Il nome botanico della specie più diffusa è “Olea europea”, i fiori (ermafroditi) sono riuniti a gruppi alla base delle foglie ed i petali, a corolla, sono fusi tra di loro. La nodosità dei rami e del tronco è ciò che caratterizza inconfondibilmente questa pianta umile e generosa. La corteccia è grigiastra, il legno di colore giallo bruno è durissimo e si presta a pregiate lavorazioni.

    La fioritura avviene tra aprile e giugno ed entro la fine di luglio si iniziano ad intravedere le drupe che, dapprima verdi assumono in seguito sfumature rosso violacee scure.

    La drupa (oliva) ha forma ovale tondeggiante ed è formata dalla buccia (epicarpo), dalla polpa (mesocarpo) e dal nocciolo legnoso (endocarpo); nei mesi di dicembre-gennaio la drupa giunge a maturazione, il suo peso medio costituito per il 70-80% dalla polpa (a seconda delle varie specie coltivate) può andare dai 2 ai 10 grammi; è composta per il 30-35% da acqua, 15-35% da olio, 25-40% da cellulosa e zuccheri.

    Ciò che caratterizza maggiormente la pianta dell’olivo è la sua longevità, fruttifica dopo l’ottavo anno, cresce fino al trentesimo restando fertile ed attiva almeno fino ai cento anni. Tuttavia non è raro imbattersi in uliveti centenari o addirittura ultrasecolari costituiti da piante ancora produttive, rigogliose e meravigliose. Più la pianta è vecchia e più il suo tronco si erge contorto e tormentato.

    Habitat ideale per l’olivo è in generale tutto il bacino mediterraneo; è tuttavia diffuso anche in America centrale ed in Australia. La “zona ideale” per la coltivazione dell’olivo è comunque compresa tra il 30° ed il 45° parallelo; l’altitudine può variare tra i 300 ed i 1000 metri sul livello del mare (anche se in Liguria è molto facile imbattersi in fasce di terreno coltivate ad uliveto che degradano fino a pochi metri dall’acqua).

    In Italia (fatta eccezione per il Piemonte e la Valle d’Aosta) l’olivo è praticamente coltivato ovunque, da sud a nord scegliendo preferibilmente i climi più temperati delle zone costiere e delle isole; il suo apparato radicale, assai poderoso, gli permette di crescere anche in località particolarmente impervie. La qualità ed il sapore dell’olio che se ne ricava mutano da zona a zona e soprattutto dipendono dal PH più o meno acido del terriccio sul quale viene coltivato.

    Della pianta viene utilizzato tutto: legno corteccia, foglie e frutti.

    L’olivo viene usato innanzi tutto per l’olio commestibile; le stesse drupe ossia le olive sono largamente utilizzate come cibo.

    La raccolta delle olive, bracatura con cesto o con telo, consiste nel primo caso nella raccolta a mano delle olive una per una, nel secondo caso, si fanno cadere su di un telone precedentemente disteso sotto la pianta. I due sistemi appena menzionati non possono essere usati per grandi appezzamenti di terreno, in quanto necessiterebbero di troppa manodopera.

    Il sistema introdotto in tempi più recenti si avvale dell’impiego di una macchina che scuote la pianta e contemporaneamente raccoglie ed insacca le drupe.

    Le olive sono frutti estremamente delicati, facilmente deteriorabili. Per evitare le ammaccature si trasportano in contenitori rigidi.

    Il maggior nemico dell’olivo è il freddo; la pianta può restare gravemente danneggiata dalle gelate invernali soprattutto se esse si protraggono nel tempo. L’inverno del 1985 ebbe effetti disastrosi sugli uliveti italiani e la produzione di olio nostrano subì danni incalcolabili.

    Comunque, se il nemico principe dell’olivo è il freddo, non bisogna assolutamente credere che il caldo eccessivo e lunghi periodi di siccità gli giovino! In questi casi le drupe si essiccano durante il processo di maturazione non ricevendo linfa dal tronco e dai rami.

    Oltre ai fattori strettamente connessi con la meteorologia altri rischi minacciano questa pianta che idealmente è l’immagine della forza e della grandiosità della natura, pur restando nella realtà facile bersaglio di microrganismi, insetti e parassiti.

    L’olivo può essere attaccato irreparabilmente dalla cocciniglia, dalla tigna dell’olivo, dalla carie (che colpisce il legno) e dalla lebbra (fungo che attacca i rami e fa cadere le drupe) ma soprattutto dalla temibilissima mosca olearia (Dacus olea) che ne compromette il raccolto rendendo l’olio particolarmente acido. Purtroppo queste malattie sono in continuo aumento a causa della scellerata abitudine di trattare il terreno con concimi chimici ed insetticidi.

    L’olio di oliva è l’unico tipo di olio alimentare ottenibile per semplice spremitura, senza la necessità di alcuna manipolazione chimica.

    Una volta giunte al frantoio le olive vengono pulite e mondate da corpi estranei (terra o sassolini). Il tipo di frantoio più antico è senza dubbio la “mola” composta semplicemente da un grande contenitore di granito sul quale ruotano due pietre a forma di tronco di cono. Ai nostri giorni i frantoi di pietra vengono alimentati elettricamente, ma la maggior parte degli oleifici industriali hanno sostituito le mole con frangitori meccanici che senza dubbio diminuiscono la qualità dell’olio.

    Nella prima fase di spremitura delle olive si ottiene una poltiglia detta mosto oleoso che viene successivamente sottoposta a “gramolatura”. La pasta così ottenuta viene spremuta ancora per un’ora a pressione lenta e graduale. La parte liquida che ne risulta si chiama “olio mosto”; quest’ultimo viene separato dall’acqua e dalle impurità per centrifugazione (in tempi passati si faceva semplicemente decantare).

    Per esigenze di mercato l’olio viene spesso sottoposto a filtrazione per ottenere un prodotto finito più limpido ma tutto ciò peggiora sensibilmente la qualità dell’olio. L’olio velato, ossia non filtrato è un prodotto assai aromatico e di gran pregio.

    Classificazione dell’olio
    La classificazione commerciale degli oli di oliva nell’ambito della comunità europea è disciplinata dal regolamento cee 2568/91. Tale regolamento si basa su un precedente regolamento CEE il n. 136/66 che sanciva che per il commercio al minuto possono essere commercializzati solo gli oli così denominati:

    Olio extra vergine di oliva
    Olio vergine di oliva
    Olio di oliva
    Olio di sansa e di oliva

    Gli oli extra vergini e vergini secondo il regolamento sono ottenuti dal frutto dell’olivo solo attraverso processi meccanici od processi fisici, in condizioni termiche che non provochino alterazioni all’olio. Le olive non devono subire alcun trattamento diverso dal lavaggio e il prodotto della spremitura non deve essere assoggetto a processi diversi dalla decantazione, dalla centrifugazione e dalla filtrazione.

    La classificazione degli oli di oliva si basa su parametri chimici ed organolettici:

    Sono denominati oli extra vergini di oliva, gli oli di oliva vergini di gusto assolutamente perfetto la cui acidità libera espressa in acido oleico è al massimo 0,8g/l.

    Sono denominati oli di oliva vergini gli oli di gusto perfetto (sono ammissibili soltanto piccoli difetti) la cui acidità espressa in acido oleico sia al massimo 2 g/l.
    Si fa notare che l’attributo “vergine” si riferisce al tipo di estrazione e non alla qualità del prodotto dato che un olio vergine presenterà gusti, retrogusti ed odori molto difettosi però è sempre un prodotto derivato dalla spremitura diretta delle olive. Gli oli raffinati hanno invece origine da oli vergini che non possono avere una acidità espressa in acido oleico maggiore di 0,5 g/l.

    Gli oli di sansa (la sansa è ciò che resta delle olive dopo la spremitura dalla quale si ottiene l’olio vergine) sono soggetti ad un processo di raffinazione dall’olio di sansa greggio e non possono superare una acidità in acido oleico superiore a 0,5 g/l. Per oli raffinati si intendono oli di oliva vergini con acidità superiore a 3,3 g/l., che per la nostra legislazione non sono commestibili e subiscono un processo chimico che li porta ad avere delle acidità finali addirittura inferiori a molti oli extra vergini.

    L’Italia, la Grecia e la Spagna sono tra i maggiori produttori di olio di oliva.

    Percorrere a ritroso la storia di questa pianta, è come voler dire perdersi “nella notte dei tempi”. Le sue origini sembrano comprese tra l’Acrocoro Armeno, il Pamir ed il Turkestan; da qui si sarebbe in seguito diffuso in tutto il bacino mediterraneo. Il Vecchio ed il Nuovo Testamento pullulano di riferimenti storici e leggendari che riguardano questa pianta sacra.

    Quando Dio cacciò Adamo dal Paradiso Terrestre gli promise l'”olio della misericordia”. Sentendosi prossimo alla morte (a più di novecento) anni Adamo si ricordò della promessa divina ed inviò uno dei suoi figli in Paradiso; Dio gli diede tre semi prelevati dall’albero del bene e del male. Da questi tre semi nacquero sul Monte Tabor il cedro, il cipresso e l’olivo.

    E fu sempre con l’olivo, anzi, con un ramoscello di olivo nel becco di una colomba che Dio si rappacificò con il genere umano quando decise di far cessare il diluvio universale.

    Anche gli Dei dell’Olimpo non vollero essere da meno. Il possesso della città di Atene sarebbe spettato a chi tra gli dèi avesse fornito all’umanità il dono più utile. La sfida coinvolse Poseidone e Pallade Atena. Il Dio delle acque fece sbucare dalla foresta un magnifico e focoso destriero, Atena preferì far nascere dalle viscere della Terra… l’olivo. Zeus non ebbe dubbi: il cavallo era sinonimo di guerra, l’olivo al contrario ispirava un gran senso di pace, la sfida fu vinta da Atena.

    Al di là di tutte le leggende legate all’olivo (e se ne potrebbero raccontare ancora un’infinità), si può senza ombra di dubbio affermare che l’uomo capì ed apprezzò la sua importanza fin dai tempi più remoti.

    Un codice babilonese del 2.500 a.C. reca notizie sul commercio dell’olio che non veniva usato esclusivamente per l’alimentazione; se ne ottenevano unguenti, medicamenti, profumi e preparati per l’imbalsamazione.

    In Egitto il Faraone ed i sacerdoti si ungevano il corpo per ostentare bellezza e benessere.

    Nell’antica Grecia si preparavano polpette di farina ed olio (assai energetiche e sostanziose) per alimentare atleti o soldati all’alba di una gara o di una battaglia…. praticamente aveva già visto la luce la “tanto riscoperta e decantata” Dieta Mediterranea!!!

    Nell’antica Roma già nel 500 A.C. veniva regolamentato l’uso delle piante di olivo; dagli scritti di Plinio si può apprendere che gli ulivi non potevano essere indiscriminatamente bruciati, neanche sugli altari sacrificali.

    Plutarco si preoccupava di stabilire quanto olio avrebbero fruttato le conquiste di Giulio Cesare in Africa. L.G.M. Colummella scrisse nel primo secolo d.C.: “Olea omnium plantarum prima” (L’olio è la prima fra tutte le piante – dal De re rustica).

    L’olio extravergine di oliva, è costituito prevalentemente da acidi grassi monoinsaturi, con la presenza in giusta quantità di acido grasso linoleico (elemento essenziale per lo sviluppo del sistema nervoso centrale nella prima infanzia), polifenoli, vitamina E, e beta carotene. La presenza di questi elementi antiossidanti rende l’olio extravergine assolutamente importante per la nostra salute. E’ noto e scientificamente provato che il costante utilizzo di questo prezioso nutriente favorisce l’abbassamento del colesterolo cosiddetto “cattivo” (LDL) ed un contemporaneo innalzamento di quello “buono” (HDL); aiuta a prevenire le malattie cardiovascolari e l’artereosclerosi rallentando l’invecchiamento delle nostre cellule. E’ inoltre composto dall’1,5% di proteine, dal 3,5% di glucidi, dal 20% di lipidi, da vitamine (A1, B1 B2, C, E, K), da sali minerali di calcio, cloro, ferro, fosforo, magnesio, manganese e zolfo.

    Se l’uso dell’olio extravergine di oliva è ormai stato largamente introdotto sia cotto che crudo nella nostra dieta, sono ancora tuttavia poche le persone che lo impiegano per friggere considerandolo “troppo pesante”.

    Appurato il fatto che non esistono oli più o meno pesanti, tra tutti gli oli vegetali quello di oliva è l’unico che può raggiungere la temperatura di 290°C senza riportare modificazioni strutturali e tossicità. Al contrario la reazione al calore di altri tipi di olio può risultare enormemente pericolosa per l’organismo ed addirittura sospetta di cancerogenicità.

    Durante la frittura anche l’olio di oliva può andare incontro a fenomeni negativi. Se il calore aumentasse a dismisura si raggiungerebbe il cosiddetto “punto di fumo” facilmente riconoscibile a causa del formarsi di una nuvoletta bianca. A questo punto nell’olio si sprigiona l’acroleina, liquido dall’odore irritante e facilmente infiammabile.

    E adesso un piccolo AMARCORD….

    Qui di seguito gli orci appartenuti alla famiglia di mia madre (che adesso sono andati in pensione nella mia cucina)… Erano internamente smaltati a fuoco e vi si conservava appunto l’olio appena spremuto nelle cantine o nei tinelli. I tinelli, al paese di mia madre (Bagnaia in provincia di Viterbo), sono delle cantine che si affacciano sul piano stradale.

    28122006222[1].jpg

    #164215

    nonna Ivana
    Membro

    Grazie Susanna

    per questa bella pagina sull’olio.
    Importante tenere presente tutte queste notizie, su prodotti essenziali, che riguardano l’alimentazione e la salute!
    La descrizione poi delle caratteristiche, della storia, e l’accenno alle memorie della propria famiglia sono un metodo bello, simpatico per avvicinarci alla “scienza” pratica…che esiste anche per quello che riguarda una dispensa in “cantina” !!!

    Grazie ( mi ricordo anche la paginetta di Gabriela che parlava del Santo del Giorno festeggiato in una frazione di Varese…con tanto di rito con l’olio!!!!)

    Ivana

    #164216

    Allora Gabri…. dai raccontaci di questo rito dell’olio!!!!

    #164217
    Dida
    Dida
    Partecipante

    Articolo molto interessante. Se volete info sugli oli che si producono sul Lago di Garda e sul Lago di Como (olio che prediligo, insieme a quello di Camogli) guardate qui:

    http://www.museum.it/

    http://www.lagodigarda.it/index.php?option=com_content&task=view&id=75&Itemid=12

    http://www.guidaolio.com/lsnew.asp?N=Laghi%20Lombardi.txt&Opz=dop

    #164218

    Donatella
    Membro

    Mhmm…. quanto mi piace l’olio aimè …. una bella scarpetta nell’insalata di pomodori …. vabeh …. in genere uso olio abruzzese e siciliano (grazie ad un paio di amici che possiedono un frantoio appunto in queste due regioni) ma …. a proposito del fatto che dell’olivo si utilizza tutto da diverso tempo utilizzo un rimedio “omeopatico/naturale” che contribuisce 🙄 a mantenere la mia pressione entro i limiti proprio a base di macerati di olivo … sarà vero oppure no 🙄 ❓ ma per il momento pare funzionare ….. 🙂 🙂

    #164219
    gabriela
    gabriela
    Partecipante

    Ragazzi, purtroppo non ho molto da aggiungere: avevo segnalato da qualche parte il link alla notizia relativa ai festeggiamenti per Sant’Imerio e all’iniziativa del parroco di reinserire l’ulivo sulle sponde del lago di Varese e di rivenderlo a scopo benefico.

    Ora si accenna alla possibilità di organizzare un corso per chi voglia iniziare la coltura dell’olivo in questa zona: se verrò davvero organizzato vi terrò al corrente perchè intendo partecipare dato che due anni fa sono stata proprietaria di un piccolo alberello di ulivo che non ha superato l’inverno e vorrei che non si ripetesse più la “tragica esperienza” (tanto più che mio papà invece è riuscito a far sopravvivere i suoi due che quest’anno gli hanno dato ben TRE olive ciascuno 😉

    #164220

    nonna Ivana
    Membro

    UUUUUUéééééééééééééééé

    diventerai grande produttrice…procurati anche il frantoio!!!!

    Ciao Gbriela!!!

    ivana

    #164221

    pasticcino
    Partecipante

    Gabri si inizia dal basso 😉 😆 😆

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